MAN IN BLACK: I GUARDIANI DELLA REALTA', parte prima

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view post Posted on 2/12/2009, 23:35


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da un mondo in cui si vive in solitudine, cibandosi di musica, libri, internet...

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MAN IN BLACK: I GUARDIANI DELLA REALTA'





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“Procurami un’entrata”.
Un lampo di luce, e Neo si ritrova sulla cima di un palazzo. Attorno a lui, la città brilla delle sue luci notturne, fantastica creazione virtuale di Matrix.
Pochi secondi, e appaiono gli agenti della sicurezza. Alti, inumani, vestiti senza una piega, con voce metallica gli chiedono di arrendersi. “La tua presenza qui non è autorizzata. Ti dovremo eliminare”. Le nubi nel cielo si gonfiano scure, inizia a piovere, ma gli agenti non si bagnano neppure. Neo sorride.
“Vedremo.”

La parabola virtuale dei fratelli Wachowski, campione di incassi nel 1999 e da poco apparso nelle sale cinematografiche con i 2 seguiti “Matrix Reloaded” e "Matrix Revolutions", ci fornisce una importante chiave di lettura su uno dei misteri irrisolti più inquietanti della storia: quello dei famigerati Man in Black, gli Uomini in Nero.



COLORO CHE NON DORMONO MAI



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Secondo una tradizione anglosassone, ai bambini che si rifiutano di dormire li si minaccia di chiamare “l’uomo della sabbia”, il Sandman, che getta la sabbia sugli occhi dei più piccoli per farli addormentare, e una volta sopiti, gli rubano i sogni. Anche qui in Italia, nondimeno, abbiamo la tradizione dell’Uomo nero che viene a portarsi via i bambini cattivi. Ma sono solo leggende e folklore?

È il settembre 1976. Herbert Hopkins, un dottore e ipnologo 58enne, stava svolgendo delle attività come consulente per alcune ricerche sugli UFO nel Maine (USA). Una sera in cui la moglie e I figli erano usciti e lui era solo a casa, squillò il telefono e un uomo che si qualificò come il vice presidente di una associazione ufologica del New Jersey gli chiese se poteva passare a trovarlo per discutere alcuni dettagli del caso che stava seguendo.

Il dottor Hopkins fu d’accordo. Pochi istanti dopo andò alla porta sul retro della casa per accendere le luci, così che il suo visitatore potesse vedere l’ingresso dal parceggio, ma come giunse sul portico, notò che un uomo stava già salendo le scale. Non c’erano automobili nei dintorni, e Hopkins si domandò come aveva fatto a raggiungerlo così velocemente: non c’erano cabine telefoniche nei dintorni, e in quell’epoca ancora non esistevano i cellulari.

L’uomo era vestito completamente di nero: cappello, cravatta, giacca, tranne la camicia bianca. “mi sembrava un pò un becchino”, commentò in seguito il dottore. Ad ogni modo gli abiti del visitatore erano immacolati – vestiti non pieghettati nè stropicciati, pantaloni che cadevano a pennello. Una volta che si tolse il cappello, si dimostrò calvo, senza neppure le sopracciglia o le ciglia. La sua pelle era bianca cadaverica, e le sue labbra rosso vivo. Nel corso della loro conversazione, il visitatore si sfiorò le labbra con le dita, e Hopkins notò con un certo disappunto che l’uomo aveva del rossetto, che in parte gli rimase sul guanto.

Ad un certo punto della discussione, l’uomo in nero affermò che il dottore aveva due monetine in tasca. Era vero, e il dottore le tirò fuori stupito. Quindi l’inquietante individuo chiese a Hopkins di tenere una delle due monete nel palmo della mano, e di osservarla. Mentre la osservava, la moneta sembrò sfocarsi, diventare evanescente, quindi sparì.

“Nè tu nè nessun altro in questo piano della realtà vedrete mai più questa moneta”, affermò l’uomo in nero, il quale poi aggiunse che avrebbe fatto lo stesso con il suo cuore, se avesse provato a parlare a qualcuno del caso che stava seguendo. Poi, ad un tratto, il modo di parlare dell’uomo iniziò a rallentare, e questi si alzò un pò barcollante dalla poltrona dove si era seduto. Disse allora molto lentamente: “la mia energia si sta esaurendo… devo andare ora… addio”. Uscì dalla porta traballando e scese gli scalini uno ad uno, con passo incerto.

Il dottor Hopkins scorse una luce brillante azzurro-bianca sul viale, e immaginò fosse una macchina venuta a prendere il suo misterioso visitatore, anche se non se ne udiva il rumore del motore. L’uomo svanì nel buio, ma il giorno dopo scorsero solo un segno nel viale, come di un’unica ruota centrale rispetto ai solchi delle macchine. Il giorno dopo ancora il segno era scomparso.


....continua
 
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